giovedì 12 luglio 2018

Dying Light: Enhanced Edition - Recensione.


Con il suo Dead Island, uscito nel 2011, Techland aveva mancato di un soffio l'occasione di creare il gioco di Zombie definitivo a causa di un gameplay ripetitivo e di un respawn dei nemici selvaggio, che andavano ad "ammazzare" la magnifica atmosfera da villaggio-vacanze infestato. Il risultato era stato un gioco indubbiamente apprezzabile ma indubbiamente perfettibile. Le cose non erano affatto migliorate (anzi, addirittura peggiorarono) con l'espansione stand-alone Dead Island: Riptide, pubblicata un paio di anni dopo, dove gli elementi negativi del primo capitolo furono amplificati all'ennesima potenza. A distanza di altri 2 anni Techland ci ha riprovato con Dying Light: altro survival-horror in prima persona ma con una ambientazione completamente nuova. Hanno trovato la quadra del cerchio questa volta? Decisamente si.

La prima cosa che differenzia Dying Light da Dead Island e' la caratterizzazione della Trama: un misterioso virus ha infettato gli abitanti della città di Harran (città immaginaria ma palesemente collocata in medio-oriente) trasformandoli in un orda di Zombie. Nel tentativo di contenere il contagio, le autorità hanno isolato e messo in quarantena la zona, bloccando al suo interno gruppi di sopravvissuti. Il GRE (Global Relief Effort), una sorta di organizzazione umanitaria si occupa, di aiutarli paracadutando aiuti sull'area. Ma gli intenti del GRE non sono proprio chiari, visto che farà paracadutare il protagonista, Kyle Crane (il nostro alter-ego), con il compito di infiltrarsi sotto mentite spoglie tra i sopravvissuti e cercare di recuperare un file segreto in possesso di Rais, il capo di una banda di mercenari/banditi che usa il contenuto del file per ricattare il GRE...

Per inquadrare Dying Light come tipologia di gioco possiamo dire che si tratta di un survival-horror in prima persona con struttura Open World a macro-aree: ce ne sono 2 principali (i bassifondi e la città alta) più un area minore che visiteremo verso il finale. L'elemento che più contraddistingue il gioco e' il parkour: le strade di Harran sono invase dagli Infetti, i quali ci attaccheranno se si accorgeranno della nostra presenza. Per evitarli e spostarci in relativa sicurezza dovremo quindi utilizzare un sapiente mix di corsa, salti e arrampicate acrobatiche fra tetti e muri. Dopo averlo sbloccato, avremo a disposizione anche un rampino, che ci permetterà di raggiungere rapidamente posizione sopraelevate o comunque a distanza media, cosa che sarà molto utile quando raggiungeremo i palazzi della città alta.

Ovviamente non siamo dei pavidi e potremo anche affrontare gli infetti con le armi che potremo recuperare o acquistare dai vari rivenditori che incontreremo nei rifugi. Dying Light eredita da Dead Island il sistema di crafting e la stessa strana tendenza delle armi a danneggiarsi e a diventare inservibili molto presto, ma per nostra fortuna impareremo presto a ripararle, fabbricarle e modificarle usando i progetti che troveremo in giro. Troveremo in giro anche armi da fuoco, ma il loro utilizzo va' centellinato e riservato all'uso contro i nemici umani e gli Zombie più grossi, visto che il rumore attirerà su di noi nugoli di Infetti affamati.

Se di giorno girare per le strade e' abbastanza agevole, di notte la cosa può trasformarsi in un incubo a causa dei Notturni: una tipo speciale di infetti che esce solo col buio per andare a caccia e capace di individuarci ed inseguirci molto velocemente. Provocarli e' folle e affrontarli un suicidio, specie nelle prime fasi di gioco: possono essere storditi temporaneamente usando la lampada UV (che avremo in dotazione subito ad inizio gioco) e solo per guadagnare tempo durante le precipitose fughe verso il rifugio più vicino che costituiscono un altro elemento distintivo del gioco (ecco spiegato il sotto-titolo "Good night, good Luck): per incentivarci ad uscire di notte il gioco ci premia con il doppio dei punti azione durante.

Ecco, appunto, i punti azione: in Dying Light il nostro personaggio evolverà seguendo 3 distinti alberi delle abilità: sopravvivenza, forza e agilità. Guadagneremo punti distinti compiendo azioni che ricadono nelle 3 categorie sopra e al raggiungimento di un determinato numero di punti saremo premiati con 1 o più sblocchi sull'albero delle abilità relativo.

Il gioco ovviamente ci propone una serie di missioni principali, sfide di vario tipo e parecchie "quest" secondarie, del tutto opzionali, ma che sono utili per accumulare punti. Del resto girare per Harran e' molto divertente e diversamente da quanto accadeva con Dead Island, non si avverte quella sensazione di "gia' visto e rivisto". Il respawn dei nemici e' ancora presente ma molto meno molesto che nei due precedenti lavori di Techland.

Il comparto tecnico e' buono: configurato al massimo del dettaglio il Chrome Engine 6 che spinge il gioco produce un frame rate che oscilla tra i 50 e i 70 a seconda delle situazioni, il tutto con una resa visiva buona, ma non eccelsa.
Ottime le animazioni di Infetti e NPC, così come la qualità generale dei modelli 3D e texture. Molto buoni il doppiaggio in italiano e i rumori ambientali.

Concludendo, in tutta onesta' non so dirvi se Dying Light e' il gioco di zombie definitivo, ma la sua trama interessante e il suo gameplay divertente a base di combattimenti, corse furibonde e arrampicate acrobatiche ne fanno un ottimo titolo per tutti gli amanti dei morti viventi e non. Vivamente consigliato!

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